I social network rappresentano un’infrastruttura digitale di massa e, insieme, un sistema sempre più complesso: intrattenimento, informazione, relazione, assistenza e commercio convivono negli stessi spazi.
I dati di scenario per il 2026 aiutano a inquadrare il punto di partenza: i report relativi ai dati globali (come quello realizzato da We Are Social) indicano che più di due persone su tre usano i social ogni mese e che, dal 2015, la crescita degli utenti ha superato i tre miliardi, con un ritmo medio storico di decine di milioni di nuovi utenti al mese.
Anche il tempo trascorso nei feed rimane elevato: considerando social e piattaforme video, la media arriva a 18 ore e 36 minuti a settimana, con valori più alti in alcune fasce, come le donne tra 16 e 24 anni che dichiarano oltre 25 ore settimanali.
Sul fronte economico, la spesa pubblicitaria social continua ad aumentare: una proiezione riportata nei report di settore stima 277 miliardi di dollari nel 2025.
Sullo sfondo di questi “risultati” si consolida infine il dato sull’uso mensile di strumenti di intelligenza artificiale generativa e di piattaforme basate su LLM (Large Language Models), stimato oltre il miliardo di persone: un segnale di una familiarità ormai ampia con contenuti e funzioni “AI-first”.
Ma come si traducono tutte queste informazioni? Quali saranno i trend che seguiranno i social network nel 2026?
Le nostre ipotesi nelle prossime righe.
La centralità del formato video nei feed social è oramai un dato di fatto; tuttavia, ciò che nel 2026 potrebbe cambiare è l’impostazione (durata, tipologia, tono di voce) dei video stessi.
Per cominciare, pur essendo il formato breve decisivo, ma le piattaforme hanno normalizzato (e iniziato a premiare) anche durate più lunghe e un uso più strutturato del tempo. Questa trasformazione si lega a un’esigenza pratica: sostenere attenzione e ritorno nel tempo, non solo impression estemporanee.
In questo contesto cresce il peso dei contenuti a episodi, elemento sostenuto anche delle evidenze delle ricerche citate nei report: una parte rilevante degli utenti desidera che i brand producano serie, non singoli post isolati. Il formato seriale diventerà nel 2026 e negli anni a venire un modo per stabilizzare l’audience: viene in questo modo integrato l’aggancio rapido tipico dei feed attraverso continuità narrativa, appuntamenti riconoscibili e temi ricorrenti; in altre parole, un piccolo palinsesto (sembra quasi di tornare al carosello!).
L’intelligenza artificiale generativa entra stabilmente nella produzione e gestione dei contenuti. I dati indicano che quasi tutti i responsabili marketing considerano ormai necessarie competenze legate all’uso dell’IA, perché consente di accelerare attività ripetitive, moltiplicando le varianti disponibili.
Questo trend, oltre alla creatività, riguarda anche l’organizzazione del lavoro, dall’ideazione alla revisione, fino all’analisi delle performance.
Le indagini di settore, tuttavia, mostrano anche una preoccupazione crescente sia verso l’uso dell’IA senza dichiararlo, sia verso l’uso di tali strumenti pur avendo a disposizione le risorse per evitare di utilizzarla: oltre metà degli utenti teme contenuti generati artificialmente pubblicati senza trasparenza, e una quota rilevante esprime disagio verso l’idea di contenuti e, oramai, influencer creati dall’IA.
In pratica, l’IA è accettata come strumento per facilitare alcune fasi del lavoro, ma non come sostituto della persona reale, sia questo un creator, un dipendente o una qualsiasi altra persona.
Altro trend molto interessante che si svilupperà nel corso del prossimo anno riguarda il passaggio dalla ricerca della viralità alla costruzione di risonanza. I report di settore descrivono un panorama saturo, in cui pubblicare molto non basta, e anzi può aumentare la dispersione dell’utenza. La risposta è la community, con commenti, canali, gruppi e nicchie tematiche che diventano luoghi in cui si misura il valore di un account.
Le analisi di Kantar collocano la crescita delle micro-community tra i trend chiave del 2026; la logica vuole che negli ambienti generalisti, più affollati, l’attenzione si concentra più facilmente in spazi con interessi definiti, linguaggi condivisi e un senso di appartenenza. Per i brand questo significa spostare parte del lavoro dal contenuto “che deve performare subito” a contenuti che costruiscono conoscenza, continuità e riconoscibilità; anche le dinamiche dei commenti cambiano: l’interazione va oltre il naturale effetto del contenuto, diventando un elemento del prodotto editoriale.
Negli anni, i social network si sono via via trasformati in veri e propri motori di ricerca: le persone, infatti, preferiscono cercare informazioni direttamente nella loro app social preferita, lasciando da parte i tool tradizionali. Nel 2026 questo trend continuerà a crescere: i dati raccolti da Sprout Social indicano che quasi una persona su tre avvia le ricerche direttamente su piattaforme come TikTok, Instagram o YouTube, e per la Gen Z questa quota supera la metà.
Questa abitudine riorienta la creazioni di contenuti (anche testuali) in ottica SMO (Social Media Optimization): i social network diventano, in altre parole, un motore di ricerca con regole proprie. Nella SMO contano le parole chiave del titolo e nel copy descrittivo, la chiarezza della promessa iniziale, la pertinenza rispetto all’intento e capacità di rispondere in modo comprensibile. In parallelo emerge il tema della GEO (ne abbiamo già parlato nei mesi scorsi in un articolo) intesa come ottimizzazione per risposte e sistemi di sintesi guidati dall’intelligenza artificiale: quando gli utenti cercano soluzioni rapide, i contenuti più utili sono quelli che anticipano le domande, danno un ordine (o riordine) all’informazione e riducono ambiguità. I report non tengono più conto soltanto dei click al contenuto (sta diventando una vanity metric), ma alla capacità di essere trovati, scelti e guardati/letti all’interno dell’ecosistema social.
Secondo una stima di Insider Intelligence/eMarketer indica che negli Stati Uniti le vendite da social commerce supereranno i 100 miliardi di dollari nel 2026, segnale di un comportamento ormai consolidato. In parallelo, esempi recenti mostrano un’accelerazione del trend: TikTok ha dichiarato oltre 500 milioni di dollari di vendite negli USA in quattro giorni durante il Black Friday/Cyber Monday 2025. Nello stesso periodo, la piattaforma ha comunicato una crescita anno su anno dell’84% nelle live dei seller e dei creator, 760 mila sessioni live, per oltre 1,6 miliardi di visualizzazioni delle live.
Questi numeri descrivono un modello in cui contenuto e transazione si fondono, con il prodotto viene mostrato, raccontato, confrontato, e la fusione di ruoli tra creator (che diventa anche venditore) e venditore (che diventa anche creator).
In questo senso, il 2026 rende centrale (come abbiamo già anticipato) il fattore fiducia: in un contesto dove l’acquisto avviene nel feed, la credibilità della fonte pesa anche più del prezzo.
I dati globali riportati nel report di We Are Social posizionano WhatsApp come piattaforma “preferita” più citata a livello mondiale, un segnale della centralità della messaggistica nell’uso quotidiano. La relazione diretta diventa importante anche per i brand, perché una parte crescente delle interazioni si sposta dai commenti pubblici ai messaggi privati.
Questo si collega al customer care sui social (dove le aspettative sono alte), con i dati che evidenziano che circa tre quarti dei consumatori si aspettano una risposta entro 24 ore. L’IA viene vista come un possibile acceleratore del trend: una percentuale rilevante dichiara di accettare l’uso dell’intelligenza artificiale se serve a velocizzare l’assistenza.
La condizione implicita è la qualità: tempi brevi, risposte precise e soluzioni coerenti sono un must.
Nel quadro complessivo, i trend dei social network nel 2026 descrivono un passaggio da piattaforme intese come vetrine a piattaforme intese come infrastrutture: sistemi di ricerca, relazione, servizio e acquisto.
I numeri su tempo, advertising e commercio confermano la direzione, mentre le evidenze su IA, community e trasparenza indicano che la competizione si giocherà sempre di più sulla qualità dell’esperienza e sulla credibilità percepita.
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